E’ stata comunicata la rosa dei libri che concorrono al gran premio 2011 di Angouleme. Leggo il francese ignorandone completamente le regole. Insomma, me lo invento facendo finta che sia un po’ come il milanese. Tutto questo, unito al fatto che non conosco un servizio paragonabile a bookdepository o a play per i libri francesi, riduce di molto le mie conoscenze della bande dessinée.
Indifferente alla mia ignoranza, l’elenco delle nomination al premio di Angouleme lo guardo tutti gli anni con attenzione. Mi sembra che di solito sia una lista più interessante di quelle proposte per la selezione dei premi americani (harvey, eisner, …) e molto più vitale di quelle dei premi italici.
Settimana scorsa ti avevo detto della mia intenzione di produrmi in giudizi perentori periodici. Nel tentativo di non smentirmi dopo solo 7 giorni, te li propongo anche oggi. Parto dalla lista francese e seleziono tra i pochi libri che ho letto presenti in quell’elenco. Se vuoi, integra nei commenti.
Wilson di Daniel Clowes è l’usuale prova di straordinaria bravura di questo fumettista che ormai la sceneggiatura cinematografica ci ruba troppo spesso. Le uscite di “Eightball” si sono dapprima rarefatte e poi definitivamente interrotte. L’ultimo numero di quel comic book che, fino ad allora, rappresentava la vetrina personale di Clowes è il 23, The Death Ray, ed è uscito almeno 4 anni fa. Da allora di suo abbiamo visto il rimontaggio di Ice Haven (pubblicato in “Eightball” 22) e le edizioni francese e spagnola di Death Ray. Wilson esce direttamente in volume ed è così bello e perfetto da non scatenarmi nessuna emozione. Sembra quasi che Clowes, da sempre freddissimo e distaccato, ormai faccia fumetto TROPPO bene per riuscire a segnare i suoi lettori. Comunque, se non l’hai già fatto, leggilo: in Italia lo ha pubblicato Coconino.
X’ed Out di Charles Burns è un esercizio di stile non concluso. Un nuovo volume di Tintin che nulla ha a che vedere con l’Alph-Art. Ironia della sorte: nonostante il nome, la freddezza di Burns è glaciale. Sorpassa di gran lunga quella di Clowes. Eppure in questo nuovo Tintin non ci sono solo la purezza formale, le ossessioni e il citazionismo di Burns. Questo fumetto è un manuale di linea chiara. Come sai la linea chiara non si riferisce solo alla pulizia del segno e all’assenza di tratteggi e tessiture. Collaborano a definire quel modo del racconto l’uso del colore, il formato del balloon, la scelta del lettering e la costruzione della storia. Nonostante la vorticosa complessità di racconti come i Gioielli della Castafiore, Tintin e Haddock si muovono su quelle pagine inseguendo linearmente la fabula. La complessità del racconto non produce mai impatti diretti sugli intrecci. Burns, dopo la monumentale fatica di Black Hole, si è concentrato sulla forma dei racconti espressi dalla linea chiara. Quel segno lo aveva metabolizzato da un pezzo e, nonostante non me ne fossi mai accorto, anche quelle strutture narrative. Ora, in questo gioiello incompleto, quel gioco meraviglioso viene alla luce. Una luce fredda, però.
Pluto di Naoki Urasawa è un remake. Uno dei fumettisti più dotati e spreconi che il fumetto giapponese abbia mai prodotto si confronta con Astroboy di Osamu Tezuka. Ti ho già detto tutto (e comunque sai già tutto perché lo hai letto, vero?). Sono 8 volumi (editi in Italia da Planet Manga) che hanno meravigliosa tenuta per un bel po’. Poi il confronto con il Mickey Mouse nipponico è schiacciante e quel finale causa sbadigli e noia. Però mi sono abituato ai finali loffi di Urasawa (che a volte si trascinano per un sacco di volumi) e quindi glielo perdono.
Parker di Darwyn Cooke (adattamento da Richard Stark) è uscito in italiano per edizioni BD. A me Cooke piace tantissimo e questo Parker (che mi sembra tra le cose che gli sono riuscite peggio) ha una citazione iniziale della prima tavola domenicale di Steve Canyon (quella smontata da Umberto Eco in Apocalittici e Integrati) che da sola si fa perdonare ogni cosa.
Market day di James Sturm non sono riuscito a leggerlo. Ce l’ho là. Inizio sperando di farmi catturare (la squadra di baseball del Golem – in Americana di Coconino – mi aveva esaltato) e subito mi coglie una noia infinita.
Incognito di Ed Brubaker e Sean Phillips mi ha lasciato così poco che l’ho comprato e letto due volte senza accorgermene.
Gaza 1954 di Joe Sacco è sul comodino e aspetta la serata giusta. Sacco richiede dedizione.
Cinquemila chilometri al secondo di Manuele Fior è un libro bellissimo. Tre storie che si incrociano con deviazioni biografiche, cromatiche e geografiche travolgenti. Un libro caldo e avvolgente fatto dall’italiano da cui mi aspetto di più nel prossimo futuro. Se ti capita di incontrare Fior per strada, sappi che si schernirà e ti dirà che adesso passerà un sacco di tempo prima del suo prossimo fumetto. Se lo fa, rispondigli di andare a lavorare ché non hai tempo da perdere. Ne vogliamo ancora.
Di Asterios Polyp di David Mazzucchelli ti ho già detto. Sono ancora convinto sia un libro bellissimo. Materiali e cura così preziosi che il sospetto di una prossima edizione italiana mi raggela il sangue. Non ho visto l’edizione francese. Secondo me vince lui.
Però, io tifo per Fior e resto di buon umore anche se vince Burns. Poi, lo so, c’è la possibilità di un fumetto bellissimo tra quelli che non ho ancora letto. Ci conto. Negli anni scorsi quel premio mi ha fatto conoscere Shigeru Mizuki (con due libri bellissimi, Nononba e Operation Mort) e il Pinocchio di Winshluss.
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